All’interno, una scalinata monumentale a forbice, sostenuta da colonne
doriche, è invece più
vicina ad esempi stilistici napoletani. La galleria centrale, oggi ingresso
principale, in origine
prevista per le carrozze, era anch’essa rifinita in bugnato. La villa, con il parco, venne ceduta al Comune di Chieti e nel 1868 fu aperta al pubblico
per la prima volta. Negli anni successivi
lo stesso Comune acquistò i terreni vicini, come
la proprietà Boulanger, e li fece sistemare per
creare un grande parco pubblico, ultimato attorno al 1890. Ai primi del secolo villa Frigerj
divenne sede dell’Istituto Tecnico F. Galiani. La scuola vi rimase fino alla
seconda guerra
mondiale, quando fu occupata dai tedeschi, prima, e poi dagli sfollati. Nel
dopoguerra, grazie
al professor Valerio
Cianfarani, allora Soprintendente, l’edificio fu ceduto dal Comune al
Demanio. Sin dal ‘39, anno della nascita della Soprintendenza
archeologica dell’Abruzzo,
era stata auspicata la creazione di un museo che raccogliesse le testimonianze
delle antiche
civiltà abruzzesi. L’inaugurazione avvenne nel .59 alla presenza di Gronchi all’epoca Presidente della Repubblica. Da allora gli scavi archeologici
compiuti dalla Soprintendenza
hanno portato alla luce materiale di grande interesse. Le nuove raccolte, i
numerosi reperti
e le donazioni da privati, hanno quindi imposto un’opera di ristrutturazione
generale del
museo, i cui lavori, iniziati nel 1984, sono oggi in via di ultimazione. Restano
da allestire le
sale dedicate ai santuari abruzzesi, luoghi cioè di culto dal periodo arcaico a quello
tardo antico. Il
progetto di ristrutturazione, nasce da una attenta rilettura storica della costruzione stessa, in maniera da sistemare la nuova esposizione museale
con criteri in grado di evidenziare le caratteristiche architettoniche dell‘edificio
ripristinarne, dove possibile, le strutture
originali.
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Occhi severi e solenni vi osservano. L'austero soldato di Foruli vestito di solo
mantello il volto calvo del notabile, anch'egli da Foruli, l'anziano nobile teatino e poi
sulla sinistra solenne al centro della stanza, Settimio Severo, con i suoi capelli
ricci e la sua barba folta. Non già uomini in carne ed ossa, ma volti e figure eternati sulla
pietra. Ciò nonostante, dopo ben venti secoli la forza dei loro lineamenti riesce
ancora ad insinuare un vago senso di inquietudine nell'animo di chi varca la soglia del
museo di CHIETI "
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